Resistenza degli antibiotici e medicina biologica
La medicina biologica sostiene da sempre che un uso disinvolto degli antibiotici possa determinare la resistenza dei batteri al loro impiego. A causa di questa evoluzione è necessario prepararsi ad uno scenario inquietante per il quale l’assistenza sanitaria risulti meno efficace nei confronti delle malattie infettive. Le responsabilità dell’industria farmaceutica in questo contesto sono però occultate coniando sui mezzi di comunicazione di massa un nuovo untore di memoria medioevale: il superbatterio resistente alle comune medicine. Questa strategia della comunicazione risulta efficace perchè suggerisce che una forza ostile alla vita umana la aggredisca e che la risposta sanitaria debba essere un maggiore contrasto al superbatterio resistente, ovviamente di natura farmacologica.
Anche se l’ipotesi di un untore o capro espiatorio assolve pienamente al compito di deviare l’attenzione di chi è certamente preoccupato per lo stato delle cose, questa versione dei fatti è poco scientifica e fuorviante. Certamente è più corretto osservare come nella pianificazione industriale del business legato all’assistenza sanitaria sia necessario mantenere alto il livello e l’incidenza delle malattie per garantire quel panico che produce guadagni economici basati sull’emotività e sulla paura. I posti di lavoro e gli immensi profitti dell’industria farmaceutica non basano su una normale attività produttiva e industriale. Il fenomeno denominato disease mongering è noto da anni e deforma con metodo comportamenti che dovrebbero essere basati sul buon senso e sulla cultura. Pertanto le parole superbatterio e resistenza agli antibiotici attribuendo all’esterno della pratica medica l’origine dei problemi in oggetto, non sono conformi a descriverli, ma sopratutto a occultarli.
Contrariamente a quanto riportato puntualmente a mezzo stampa, un organismo non ammala perchè il batterio è resistente, ma perchè il sistema nervoso centrale del malato pone in essere tutte quelle risposte adattative che denominiamo infezione e infiammazione. Il batterio è certamente implicato nel processo infettivo, ma con un ruolo subalterno all’ attività vitale e essenziale del sistema nervoso centrale. In dipendenza dal sistema nervoso centrale operano infatti il sistema endocrino, immunitario e metabolico necessari per ogni infezione. Un tessuto biologico denervato non può infettarsi. L’ infezione e l’infiammazioni sono risposte adattative complesse che non avvengono senza precisi comandi neuroimmunoendocrini. Il superbatterio pertanto non è negato dalla medicina biologica, ma inserito nella complessità di processi vitali che ne determinano il comportamento. La resistenza agli antibiotici è in realtà un fenomeno complesso per il quale i comandi del sistema nervoso centrale a determinare malattia sono maggiori che in ogni epoca precedente. Questa maggiore determinazione alla malattia utilizza e non subisce la maggiore competenza dei batteri saprofiti o patogeni nel resistere al farmaco. Al fenomeno della resistenza ai batteri concorrono invece tutti i comportamenti che hanno come obiettivo quello di rendere tutti gli uomini dei malati. Certamente un uso smodato degli antibiotici da parte della classe medica e sopratutto una richiesta smodata degli stessi da parte dei pazienti concorre alla resistenza batterica nel tempo. Ma è riduttivo pensare che questo avvenga se prima non viene promossa in tutti modi questa condotta. La resistenza agli antibiotici è pertanto da porre in relazione all’ampio e vasto arsenale di strategie dell’industria farmaceutica che implicano un progressivo indebolimento dell’individuo e la sua trasformazione in un obbligato fruitore di costosi servizi.
Il fenomeno del disease mongering non rende onore ai tanti medici che cercano onestamente di compiere il loro lavoro. Occorre una urgente riflessione sul ruolo dei farmaci nella terapia con un ridimensionamento prescrittivo di tutti i placebo tossici che scivolano sotto lo stesso termine. Occorre una riflessione sul modo di tramettere informazione riguardo la salute sui mezzi di comunicazione di massa. Occorre implementare la responsabilità del singolo nel mantenimento della salute e contrastare l’illusione che lo faranno un brevetto chimico e elevati costi di cura. Le società caratterizzate da sistemi sanitari evoluti sono chiamate a ridurre l’uso di farmaci anche per un contenimento di costi economici e morali altrimenti non più sostenibili. La medicina biologica e le MNC Medicine Non Convenzionali possono costituire uno strumento utile a ridurre l’uso dei farmaci in tutti i casi dove questo è possibile. Nessuno immagina una sanità senza farmaci chimici, ma si auspica una eliminazione dei placebo tossici e un contenimento dell’uso dei farmaci al solo ed esclusivo interesse del malato. Somministrare farmaci nell’interesse di coloro che li producono è obsoleto oltre che insostenibile.
Per la medicina biologica la ricerca del senso di una malattia non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre questi aspetti, la finalità sensata della malattia nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie. L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcuni comportamenti possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dotto. Fabio Elvio Farello, Medicina biologica a Roma