Medicina biologica e infanticidio
Per la medicina biologica descrive i comportamenti, in questo articolo l’ infanticidio, come l’applicazione inconsapevole di riposta adattativa arcaica ad un conflitto patito. La medicina biologica ricerca oltre le responsabilità contingenti di un comportamento, una sua comprensione come risposta adattativa delle parti più antiche del cervello a precise situazioni conflittuali. Questa analisi del senso applicato in un comportamento è basilare per la sua valutazione completa e quando necessario e possibile per la sua prevenzione.
La discussione sul significato dell’infanticidio parte dall’osservazione dei casi di cronaca. Si osserva con preoccupazione un aumento di casi nella quali un genitore, più spesso la madre uccide i propri figli. Sei volte su dieci sono le madri a compiere il terribile gesto. Generalmente si tratta di una scena del crimine caratterizzata da un crudezza non facilmente attribuibile tramite il senso comune ad un genitore. Talvolta l’infanticida termina il suo percorso con la sua stessa soppressione. Il tentativo può non riuscire consegnando il superstite oltre che alle sue responsabilità giuridiche, ad un dolore difficile da comprendere e esprimere.
I casi di infanticidio osservati nella cronaca non rispecchiano necessariamente sempre un riferimento culturale o economico particolare, ne un modello psicologico, ne un epicentro geografico preciso. Al contrario gli infanticidi appaiono distribuiti trasversalmente tutti i riferimenti di una osservazione tesa a descriverli. Dunque non è facile ricercare tipologie si sofferenza caratterizzanti la situazione di rischio. Tuttavia alcuni fattori sono comuni nelle storie raccontate dai giornali:
1) Si osserva una assenza di proporzione tra risposta e stimolo che la induce
2) L’infanticidio è praticato con una violenza non usuale
3) L’infanticidio è generalmente preceduto da una disillusione
4) L’infanticidio è immaginato in solitudine
5) L’infanticidio è un comportamento con un destinatario oltre le vittime
Certamente essere madre non è sempre un processo naturale o fluido. Il bilanciamento tra la realizzazione come madre e la realizzazione come donna sono spesso utopia. Ma l’infanticida è quattro volte su dieci un uomo e la ricerca del senso biologico non può essere per le caratteristiche di trasversalità osservate essere attribuita facilmente ad un genere, anche se le donne sono maggiormente implicate. Non è pertanto definibile una tipologia precisa di rischio. Alcune specie animali regolano il numero nel branco attraverso diverse strategie biologiche tra cui l’oligomenorrea, l’abbandono del cucciolo e l’infanticidio. Il numero nel branco segue un riferimento automatico al delicato rapporto tra disponibilità di cibo e necessità di cibo. Questo implica che spostamenti percepiti di queste due variabili, possano modificare le attenzioni genitoriali nei riguardi dei figli con una certa prevalenza delle attenzioni femminili. A livello umano però il concetto di cibo, necessità e disponibilità abbandona un riferimento meramente biologico e diviene immaginativo. Immaginare di non farcela è una lettura totalmente diversa da quella che regola i comportamenti a livello animale dove il dato interpretato dal sistema nervoso non è mai immaginativo ma sempre reale. L’uomo dispone di un straordinario strumento che è la sua immaginazione, ma questa può talvolta liberare, senza bilanciamento con la realtà, comportamenti codificati nell’evoluzione biologica per il superamento di situazioni di difficoltà. Questo coincide con l’assenza di una proporzione corretta nell’infanticidio umano, tra stimolo inducente e la violenza della risposta. L’infanticidio è deliberato in una condizione in cui l’immaginazione non è più bilanciata con la realtà e in solitudine. Caratteristica ulteriore nell’infanticidio umano che lo differenzia da quello animale è però il desiderio di colpire qualcuno con la violenza e l’irreversibilità del comportamento. L’infanticidio dedica talvolta purtroppo anche consciamente la sua violenza al genitore residuale, di cui immagina la sofferenza come giusta punizione per i torti patiti. L’essere umano ha buona memoria oltre che immaginazione: due strumenti straordinari che possono provocare anche drammi.
Il comportamento osservato nella cronaca dell’infanticidio è codificato in biologia come adattamento a precise situazioni ambientali. In un clan o branco denotato da un numero elevato di membri e scarsa presenza di cibo, avviene una spontanea diminuzione del numero di membri attraverso diverse strategie tese a regolare le nascite o lo sviluppo dei nati. Al contrario la perdita numerica dei membri del branco e la disponibilità di cibo aumenta la riproduzione e le tutele genitoriali per i discendenti. A livello animale il comportamento applicato mantiene però uno stringente principio di realtà che lo rende efficiente anche se molto duro. L’uomo possedendo immaginazione e memoria maggiore degli animali può applicare comportamenti terribili perchè privati del senso adattativo originale. La prevenzione dell’infanticidio è molto difficile perchè la valutazione del principio di proporzionalità tra stimolo che induce il comportamento e comportamento slatentizzato non è facile. Non è facile prevedere il punto di rottura in un soggetto esaminato del bilanciamento dei suoi istinti arcaici e il reale. L’impulso ad uccidere può essere percepito, ma non è facile quantificare la diminuzione della sua inibizione corticale. Certamente differire nel tempo i conflitti senza trovare una soluzione può facilitare il superamento di quel limite conflittuale oltre il quale i comportamenti arcaici prendono il sopravvento su quelli umani. Le parti più antiche del sistema nervoso sono soggette ad una serie di bilanciamenti con le parti moderne dello stesso. Una massa conflittuale oltre la soglia critica, congela il funzionamento delle parti moderne del sistema nervoso deputate al controllo degli istinti, slatentizzando comportamenti altrimenti incomprensibili.
Per la medicina biologica la ricerca del senso di un comportamento non disconosce per nulla altre modalità di leggere lo stesso comportamento. La medicina biologica nello specifico ricerca la corrispondenza di un comportamento nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie. Per la medicina biologica i comportamenti umani possono essere riferiti alla complessa risposta adattativa, che un individuo può applicare quanto slatentizza automatismi delle parti più antiche del suo sistema nervoso centrale.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma
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