Infanticidio competitivo
L’infanticidio competivo descrive il comportamento osservato nel maschio alfa di alcune specie animali, tale da determinare la morte dei discendenti del competitore precedentemente sconfitto. In molti animali la riproduzione è regolata secondo il principio per il quale si trasmettono alla discendenza solo i geni del più forte. Questo duro principio è stato utile nell’evoluzione a garantire la sopravvivenza della specie. Pertanto in un clan si può osservare che è il maschio alfa a fecondare tutte le femmine fertile, mentre agli altri è negato il diritto alla discendenza. Questo comportamento conduce in particolari circostanze all’ infanticidio competitivo, il quale è applicato dal maschio alfa vincitore, contro i discendenti del predecessore spodestato. Ridurre il successo riproduttivo del maschio alfa precedentemente in carica non è un obiettivo egoico teso alla semplice autoaffermazione, ma garantisce in modo violento comunque la trasmissione dei geni del più forte.
L’ infanticidio competitivo è osservato tra i leoni e alcune scimmie. Tra i cavalli selvatici e i babbuini il maschio alfa vincitore alfa molesta le femmine gravide dal suo predecessore fino a farle abortire.Tra i roditori, l’ infanticidio competitivo è sostituito da un aborto scatenato dal solo odore di un nuovo alfa nel clan.
La dura logica della sopravvivenza applicata nell’evoluzione biologica è conservate nelle parte più antiche anche del cervello umano. Quando gli uomini perdono il controllo corticale sulle loro origini antiche, allora i programmi adattativi presenti nel passato animale possono applicarsi, conducendolo verso i più incresciosi casi di cronaca. Ma lo scivolamento forse più comune dell’ infanticidio competitivo osservato dal livello animale all’uomo moderno, è il comportamento distruttivo di chi assume potere nei confronti delle opere e lasciti del predecessore. Ancora più violento e disumano è lo scivolamento dell’infanticidio competitivo in scenari di guerra come lo stupro etnico e l’assassinio di bambini. L’uomo che perde la propria umanità evidenzia comportamenti decisamente peggiori degli animali. Al dono di capacità superiori corrispondono rischi ai quali gli animali non sono esposti.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione dei conflitti sottostanti per il singolo paziente. Alcuni comportamenti in relazione alla assunzione del cibo possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma