Colite e medicina biologica
La medicina biologica nella colite integra le terapie previste, favorendo la comprensione del senso che la malattia esprime. La consapevolezza del senso biologico insito nella malattia è premessa per la conflittolisi e contribuisce al decorso della malattia. La colite denominata anche colon irritabile è una malattia digestiva, spesso cronica, caratterizzata dall’infiammazione del colon. I sintomi più comuni sono: dolore addominale, gonfiore addominale, variazione di frequenza dell’alvo, variazione di consistenza delle feci, tenesmo, presenza di muco e infine spasmi.
Altri sintomi associati alla colite possono essere: l’alitosi, il bruciore in bocca o in gola, il sapore sgradevole di amaro con difficoltà a deglutire, la nausea anche con vomito, il senso di sazietà precoce, alcuni sintomi dispeptici come il mal di stomaco, i borborigmi intestinali, e infine i dolori all’ano e al perineo. La diagnosi di colite richiede la radiografia del colon, ricerca nelle feci di sangue e pus, sigmoideoscopia e colonscopia. Alcuni altri esami includono colture delle feci e analisi del sangue, anche chimiche. Esistono, infatti, anche altre patologie in grado di simulare la colite che richiedono però altre terapie come le neoplasie, la diverticolosi, il morbo celiaco, morbo di Crohn, la colite ulcerosa o la calcolosi biliare. Il trattamento farmacologico della colite può includere la somministrazione di antispastici, antidolorifici, sedativi e\o antibiotici. Al trattamento della colite giova anche un’alimentazione corretta e un maggior equilibrio nello stile di vita. Il colon è il tratto terminale dell’apparato digerente per molti vertebrati. Il colon non assolve un ruolo fondamentale nell’assorbimento dei nutrienti, ma si occupa dell’assorbimento di acqua, sale e di sintetizzare, grazie al microbiota umano qui presente, alcune vitamine liposolubili essenziali. La funzione biologica più rilevante nel colon consiste però nell’esternalizzazione della parte non assimilabile del bolo alimentare. La funzione del colon è in tal senso uno scivolamento sinteticoinduttivo dell’ esocitosi a livello cellulare.
La colite pertanto è relazione ad un conflitto biologico coerente con l’esternalizzazione del non assimilabile. La colite nella forma cronica è per la medicina biologica una malattia in fase di impregnazione dell’orbita funzionale intestino crasso espressa in campo emozionale tristezza. Generalmente il campo emozionale del paziente con colite bascula tra ipotristezza e ipertristezza con una prevalenza in ipotristezza. In ipotristezza il paziente non si occupa bastevolmente di se stesso ed è pertanto portato a prendere o sospendere decisioni in netto contrasto con il proprio interesse spesso caratterizzate da un vero abbandono dell’interesse personale. Il conflitto biologico in relazione alla esternalizzazione del non assimilabile è un contrasto tra esternalizzare e trattenere. Si tratta di una pietosa condizione in cui il soggetto con colite ritiene di avere buoni motivi sia per esternalizzare , sia per non esternalizzare. Il bolo alimentare per l’essere umano non è solo il cibo ingerito , ma tutto ciò che introduce in se stesso o nel proprio clan di appartenenza. Tra gli alimenti “immaginati” dall’uomo rientra non pertanto il lavoro, il partner, le relazione, le informazioni culturali, la tecnologia ecc. ecc. Una situazione classica di contrasto tra esternalizzare e trattenere avviene per esempio quando si vorrebbe allontanare da sè una persona sgradevole, ma questa è anche amata o portatrice di benefit non rinunciabili. Il conflitto tra trattenere e esternalizzare non culmina purtroppo in indecisione, ma evolve in un doppio incarico verso obiettivi tra loro incompatibili. A livello fisico questo disagio conflittuale diventa una irritazione del neurovegetativo con simultanea stimolazione di peristalsi e antiperistalsi. Le diverse proporzioni nelle componenti di questo doppio incarico caratterizzano delle diverse sfumature sintomatologiche della colite, che può produrre a seconda dei casi, stipsi, diarrea o entrambe.
Per la medicina biologica ogni malattia esprime un senso come una risposta adattativa ad una precisa situazione conflittuale. La colite è la risposta automatica di aree antiche e sottocorticali del cervello ad un conflitto biologico per il quale la sintomatologia ha in passato rappresentato soluzione conflittuale e come tale resta memorizzata. Quando il paziente esprime colite ha contattato nella sua vita quel genere di conflitto lasciandolo sospeso e consentendo in tal modo la gestione automatica e inconsapevole dello stesso. Il conflitto per il quale la colite costituisce una soluzione automatica e antica è il conflitto tra esternalizzare o trattenere qualcosa introdotto in sè o nel proprio clan. I conflitti sospesi non restano biologicamente a lungo tali, perchè incompatibili con la continuità della vita stessa. In caso di conflitto sospeso le aree più antiche del sistema nervoso centrale, quelle che controllano funzioni e tessuti esprimono la malattia come risposta automatica sottocorticale e dunque non modulata dalla coscienza.
La gestione cosciente dei conflitti biologici e la pacificazione emozionale sono un percorso di terapia preferibile e soprattutto migliorativo del quadro generale. La colite è infatti una lesione di cui la sofferenza non coincide mai, ma solo si esprime a livello di tessuto sulla quale si proietta. Per la medicina biologica la ricerca del senso nelle lesioni applicate non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre la “meccanica” della malattia anche la finalità sensata delle lesioni nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcune lesioni possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma
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