Bulimia e medicina biologica
La medicina biologica nella bulimia integra le terapie previste, favorendo la comprensione del senso che la malattia esprime. La ricerca dei conflitti biologici patiti, del risentito e dei campi emozionali espressi è un ingresso importante per una terapia integrata dei pazienti con bulimia. La bulimia è un disturbo del comportamento alimentare per cui una persona ingurgita compulsivamente una quantità di cibo non proporzionata alle esigenze metaboliche e ai tempi di valorizzazione sottostanti. Talvolta la fase compulsiva nella bulimia è seguita da una forma di pentimento tale da poi ricorrere a diversi metodi per riuscire a non metabolizzare l’ingente bolo alimentare assunto. Il vomito autoindotto, utilizzo di lassativi, purghe, digiuni e intenso esercizio fisico caratterizzano la bulimia con fase del pentimento. La bulimia è però tale anche quanto la fase del pentimento non viene o non può essere espressa. Per le caratteristiche proprie della fase del pentimento si può associare la bulimia all’anoressia nervosa, postulando la bifasicità di un’unica malattia del comportamento.
Pur evidenziando aspetti di bifasicità e continuità verso l’ anoressia, la bulimia è un comportamento a se stante coerente con un conflitto biologico in relazione al procacciamento delle calorie necessarie alla sussistenza del singolo o del clan di appartenenza. La bulimia è diffusa maggiormente tra pazienti di sesso femminile e l’età d’esordio è indicativamente compresa fra i 12 e i 25 anni, anche se il picco di maggior frequenza è a 17-18 anni. Clinicamente la bulimia è denotata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno compulsivo di ingerire spropositate quantità di cibo, correlati da una coazione a ripetere nel tempo tale comportamento. L’atteggiamento compulsivo del paziente con bulimia è verso la massa e la velocità del cibo è ingerito e non dal desiderio di mangiare un determinato e specifico alimento.
Gli episodi bulimia possono essere scatenati da episodi conflittuali risentiti genericamente come una problematica di fame. Non vengono considerati bulimia quei casi in cui vi è un’elevata assunzione di cibo è saltuaria e in contesti sociali, né il continuo “spiluccare” durante la giornata. Per diagnosticare la bulimia le abbuffate e le eventuali fasi di pentimento devono manifestarsi sia con frequenza, sia con regolarità e non sono connotate da piacere e gusto in relazione al cibo. Il comportamento alimentare bulimia implica dipendenza oltre che compulsione. Quando l’ intensità del disturbo supera determinate soglie è necessario una terapia. L’autostima viene decisamente influenzata dalle forme e dal peso corporeo e pertanto il paziente affetto da bulimia dubita di poter seguire e aver successo anche nel percorso di terapia. Il trattamento convenzionale della bulimia è pluridisciplinare e implica psicoterapia, nutrizione clinica e psicofarmacologia. Come farmaci si utilizzano la fluoxetina e in casi particolari la sibutramina. La ricerca di una proporzione corretta tra invasività della cura psicofarmacologica e disturbo patito dal soggetto affetto da bulimia è oggetto di controversie.
Secondo la medicina biologica, tutti i tessuti impegnati nel comportamento bulimia sono in relazione all’ orbite funzionale stomaco. Il tessuto di stomaco è infatti la risposta corporale alla stessa conflittualità espressa dal bulimico a livello comportamentale. La bulimia coincide con il campo emozionale riflessione. Il paziente con bulimia generalmente è impegnato prevalentemente nel basculamento iperiflessione del campo emozionale in oggetto. Egli esprime il raggiungimento di un strategia risolutiva di conflitto ripetendo compulsivamente il comportamento. Il paziente con bulimia risponde con esagerazione,tramite un comportamento altrimenti coerente. Generalmente il paziente con bulimia è esposto ad un conflitto biologico di fame nel clan reale o immaginato. Le situazioni conflittuali per le quali una assunzione ingente e veloce di cibo costituiscono una soluzione sono le seguenti:
- esposizione a concorrenza durante l’assunzione di cibo
- esposizione a predatore durante l’assunzione di cibo
- rarefazione delle occasioni per l’ assunzione di cibo
- velocizzazione delle occasioni per l’assunzione di cibo
Le categorie conflittuali indicate non sono necessariamente reali, ma è sufficiente che come tali possano essere risentite per scatenare il comportamento bulimia. In famiglia, sul lavoro o in un qualsiasi altro ambiente sociale, il paziente con bulimia provvede alla soluzione di un conflitto biologico nell’ assunzione di cibo caratterizzato da una risposta forte in quanto velocità o massa di calorie introdotte. Il cibo per l’uomo contemporaneo può scivolare su equivalenti sinteticoinduttivi e scatenare il comportamento con il cibo per cause inerenti a tali scivolamenti. Scivolamenti di “cibo” possono essere risorse finanziarie, protezione, affetto o sicurezza. In ogni caso il paziente è esposto alla problematica di captare rapidamente e ingenti quantità del suo “cibo” immaginato, altrimenti perderà il suo boccone. Ambienti sociali moderni caratterizzati sia da incremento di velocità, da concorrenza e da violenza sono un terreno estremamente favorevole all’insorgenza di bulimia. La disponibilità di ingenti quantità di calorie di cibo ma di pessima qualità nutrizionale come avviene nelle società benestanti, funge da terreno ideale per l’insorgenza della bulimia. La frequenza della bulimia nel sesso femminile si spiega con il differente accesso alle risorse disponibili nel clan tra i sessi. L’acme tra i 18 e 25 anni di età invece caratterizza il periodo della vita denotato dalla massima ricerca di una collocazione e riconoscimento sociale.
Per la medicina biologica la ricerca del senso di una malattia non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre la meccanica della malattia anche la finalità sensata della malattia nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcuni comportamenti possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma