Tricotillomania e medicina biologica
Per la tricotillomania è utile la medicina biologica per la valutazione del risentito, dei conflitti e dei campi emozionali implicati nella malattia. La tricotillomania è un comportamento caratterizzato dalla compulsione a strapparsi i capelli a ciocche. Nei casi più gravi la compulsione si attiva anche nei riguardi di ciglia, sopracciglia, e tutti gli altri peli del corpo. Le persone afflitte da questo disturbo arrivano a strapparsi tutti i capelli o i peli. La violenza con la quale avviene il disturbo è causa di dermatiti o alopecia. Talvolta la tricotillomania culmina in tricofagia, in altre parole l’ingestione dei capelli o peli strappati. Questa complicanza può comportare disturbi digestivi acuti dovuti all’eventuale occlusione causata dal bolo ingerito. La tricotillomania è consequenziale a stress emozionale e può essere anche un sintomo di malattie emotive o mentali più importanti. La malattia colpisce percentualmente più adolescenti e bambini ed è valutata molto differentemente secondo la cultura e le regole sociali applicate. Anche adulti possono esserne affetti, ma l’acme epidemiologico è osservato tra i due e i sei anni. Un paziente affetto da tricotillomania causa lesioni caratteristiche riconoscibili e talvolta motivo di vergogna. Infezioni micotiche, virali o batteriche sulla lesione possono con il tempo aggravare il quadro. L’obiettivo della tricotillomania è certamente anche quello di indurre una reazione in chi osserva la veemenza e le conseguenze di tale comportamento, ma si tratta di un obiettivo inconscio e non deliberato a livello cosciente.
La tricotillomania traumatizza aree corporee visibili e provocare il trasferimento di microrganismi sulla cute lesa. Si riscontra anche un trasferimento in direzione opposta dalle aree traumatizzate verso le altre. Un ticotillofago può trasferire per via della sua compulsione, infezioni anche verso la bocca. Biologicamente lo strappamento e i peli capelli appartengono all’area del contatto o mancato contatto ambientale e affettivo. I peli sono lo strumento previsto per la difesa dalle variabili climatiche e che garantisce la termoregolazione. Si tratta di un tessuto caratterizzato da una stringente relazione con la protezione. Altrettanto significativi sono i movimenti registrati da peli e capelli per una valutazione qualitativa dell’ambiente. Peli e capelli sono pertanto tessuti deputati al contatto. Il senso delle tematiche concernenti il contatto e la protezione è dunque implicato nell’insorgenza della tricotillomania. Il campo emozionale nel quale è collocato il disturbo è caratterizzato prevalentemente da un basculamento tra ipertristezza e ipotristezza.
La tricotillomania appartiene per i tessuti coinvolti e per la qualità della pulsione espressa prevalentemente al campo emozionale ipertristezza. La prevalenza di campo implica sempre un episodico basculamento verso l’eccesso complementare ovvero l’ipotristezza. La normotristezza rappresenta invece il campo emozionale in equilibrio. Essa coincide con l’inclinazione a interiorizzare un evento ambientale alla ricerca di una corrispondenza che diviene protezione e accoglienza. La normotristezza è, infatti, il campo nel quale si applicano i comportamenti di strutturazione del “nido” e nei quali può essere cresciuta protetta la discendenza. Se il mondo esterno è interiorizzato esso diviene il nido della nuova vita. Il contatto e la protezione si applicano nel campo emozionale in equilibrio ovvero in normotristezza. Quando un essere umano è esposto a un conflitto biologico, può perdere tal equilibrio, determinano un basculamento tra eccessi di campo di cui nella tricotillomania domina l’ipertristezza. In tale situazione si eccede nell’interiorizzazione del mondo sfumando le emozioni verso un’eccessiva occupazione e infine nella franca preoccupazione.
L’ossessiva ricerca del contatto e della protezione può arrivare a distruggere i tessuti biologici deputati a tale scopo, in altre parole i peli del corpo. Nella tricotillomania si aggrediscono i tessuti espressivi del contatto e della protezione per esagerata aspettativa riguardo ai comportamenti connessi. La tricotillomania è un’esagerazione di un processo naturale che ha caratterizzato l’evoluzione umana ovvero la perdita dei peli caratteristici dei mammiferi. La perdita dei peli è una conseguenza della particolare espansione emotiva della specie umana. Nel bene e nel male, il contatto tra gli umani è maggiore rispetto agli antenati mammiferi, non solo per la complessa natura delle relazioni umane, ma contemporaneamente per via dell’estesa superficie cutanea priva di peli. L’espansione degli affetti o delle repulsioni si esprime anche attraverso strutture tissulari deputate a rappresentarli corporalmente. Una caratteristica umana connessa alla perdita dei peli è il fenomeno della neotenia. Per neotenia s’intende il fenomeno evolutivo per cui l’acquisizione di capacità biologiche e dell’autonomia avviene dopo la nascita con maggiore ritardo rispetto a ciò che avviene generalmente nei mammiferi. La neotenia umana amplifica il ruolo materno per quanto riguarda protezione e contatto. Tale ruolo è per garantire la sopravvivenza della specie quando il neonato è più immaturo al momento del parto. Tal espansione del ruolo femminile relativamente al contatto e protezione è interconnessa ai cambiamenti morfologici come la perdita dei peli. La tricotillomania è una malattia secondo la medicina biologica, che trova la sua motivazione in un conflitto biologico nelle tematiche indicate. Il malato amplifica con veemenza e in perdita di equilibrio, una tendenza evolutiva. Il comportamento di distruggere peli e capelli amplifica la percezione del contatto e induce chi lo osserva ad aumentare protezione nei suoi confronti. Il malato di tricotillomania è un bambino che immagina di essere strappato con violenza dal contatto protettivo genitoriale e applica nei tessuti la lesione corrispondente. Nella tricotillofagia si osserva invece il tentativo immaginifico di riportare “dentro” ciò che è stato risentito come strappato dal contesto protettivo cui apparteneva.
Per la medicina biologica la ricerca del senso di un comportamento non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre la somaticità la finalità sensata della malattia o del comportamento nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie. Per la medicina biologica un comportamento compulsivo è una risposta adattativa al conflitto sottostante operata a livello sottocorticale ovvero con le zone del sistema nervoso centrale deputate al controllo dei tessuti, degli organi e connesse funzioni. La medicina biologica ha l’obiettivo di circoscrivere il senso della malattia e non si contrappone alla medicina convenzionale che ne descrive il modo. Al contrario queste due metodiche si completano vicendevolmente. In medicina biologica l’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto biologico sottostante per il singolo paziente. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato dalla malattia, premessa ineludibile per soluzione conflittuale.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma
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