Medicina biologica e Tamiflu
La medicina biologica esprime sconcerto nei confronti della vicenda che negli ultimi giorni coinvolge il Tamiflu e l’azienda che lo produce. La stampa mondiale che in tempi sospetti decantava la necessità per ogni governo di fornirsi di ampie riserve strategiche del costoso farmaco, oggi non esita a parlare di farmaco inutile. Sembrerebbe che l’azienda che lo produce si sia interessata a motivare ricercatori e funzionari nell’ingrassare artificialmente il fenomeno influenza aviaria, inducendo all’acquisto di emergenza di quantità enormi di Tamiflu. Questo discutibile comportamento commerciale ha fruttato quasi tre miliardi di Euro. Una cifra astronomica a fronte di un principio attivo sul piano clinico difficile da distinguere dal paracetamolo. Il Tamiflu fù invece spacciato come unica protezione, contro una devastante quanto presunta epidemia. In Italia l’azienda, i ricercatori e funzionari sono ora indagati per associazione a delinquere, al momento si tratta di trentotto persone.
La vicenda del Tamiflu non è isolata, ma entra in un contenzioso sempre più frequente tra buon senso e medicina farmacologica. Si osserva infatti una trend preoccupante che negli ultimi cinquanta anni ha deviato l’atto medico sempre più verso la prescrizione di farmaci, privandolo della sua completezza e competenza. Nessuno disconosce i successi della medicina farmacologica nel secolo scorso. Certamente questi successi nulla hanno in comune con l’impoverimento dell’atto medico di tutte le altre conoscenze, oltre quelle chimiche che dovrebbero caratterizzarlo. La medicina è diventata una medicina prevalentemente farmacologica e già nella formazione al medico non vengono conferite le necessarie competenze in fisica e biologia. Durante il corso di laurea in medicina e chirurgia le scienze esatte sono relegate ad un banale esame iniziale che poco aggiunge alle conoscenze scolastiche liceali. Il medico diventa tale con un bagaglio culturale in fisica e biologia colpevolmente modesto. Al contrario tutta la formazione del medico è imperniata in una visione chimica della terapia. La produzione di principi attivi chimici per la terapia è diventato un business enorme, allontanando di fatto la ricerca medica dalla scienza. La ricerca medica orienta ormai l’indagine per le soluzioni alla malattia quasi esclusivamente in campo farmacologico. Questo avviene nelle aziende e nelle università perchè la cecità culturale del medico non consente molto di più e perchè in tal modo si amplificano i guadagni. In relazione alla vicenda del Tamiflu e analoghe che troppo spesso sono oggetto di cronaca, si osserva una crepa evidente tra onestà intellettuale e ricerca in campo medico. Questa crepa consente talvolta che quando si esaurisce il filone della immensa miniera di oro che è diventata la cura farmacologica dei malati, i principi attivi reali vengano sostituiti da quelli immaginati tali. La medicina farmacologica non esita a vendere placebo a caro prezzo a coloro che soffrono o quelli che sono solo spaventati. Il fenomeno del disease mongering non rende onore ai tanti medici che cercano onestamente di compiere il loro lavoro. Occorre una urgente riflessione sul ruolo dei farmaci nella terapia con un ridimensionamento prescrittivo di tutti i placebo tossici. Le società caratterizzate da sistemi sanitari evoluti sono chiamate a ridurre i placebo tossici anche per un contenimento di costi economici e morali altrimenti non più sostenibili. La medicina biologica e le MNC Medicine Non Convenzionali possono costituire uno strumento utile a ridurre l’uso dei farmaci in tutti i casi dove questo è possibile. Nessuno immagina una sanità senza farmaci chimici, ma si auspica una eliminazione dei placebo tossici che derivano da una cultura scientifica povera di conoscenze di fisica e biologica, se non da malaffare.
Per la medicina biologica la ricerca del senso di una malattia non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre questi aspetti, la finalità sensata della malattia nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie. L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcuni comportamenti possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dotto. Fabio Elvio Farello, Medicina biologica a Roma