Dolore e medicina biologica
La medicina biologica osserva il dolore come una funzione neurologica complessa che realizza la soluzione ad una precisa area conflittuale realizzata nei complessi processi dell’evoluzione e che ha garantito pertanto la sopravvivenza. La comprensione del senso biologico del dolore favorisce la consapevolezza delle implicazioni conflittuali, che esprime. La consapevolezza del senso biologico insito nel dolore e della sua funzione è dunque premessa per la conflittolisi e contribuisce al decorso di tutte sue possibili malattie connesse. Il dolore rappresenta il mezzo con cui l’organismo segnala al sistema nervoso centrale un danno tessutale avvenuto o imminente. Il dolore è pertanto un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale.
Il dolore non può essere descritto soltanto come un fenomeno sensoriale, ma dal momento che per essere percepito richiede esperienza o memoria di danno biologico esso dipende dalla interpretazione del fenomeno sensoriale. Il dolore è pertanto la risultante tra dato sensoriale e la sua interpretazione operata dal sistema nervoso centrale. Si distingue pertanto in merito al dolore: sensazione e percezione. La parte sensoriale del dolore o nocicezione costituisce la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo. L’esperienza o percezione è una parte soggettiva quindi del tutto personale del dolore, collegata allo stato psichico, la cultura e le memorie ancestrali del soggetto che sente il dolore. In medicina biologica questo secondo aspetto del dolore rientra nel termine tecnico di risentito, mentre la percezione costituisce il sentito. Il dolore patito da un soggetto è dunque l’interazione tra “sentito” e “risentito”. Il “sentito” del dolore è costituito da un circuito a tre neuroni che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche. Il “risentito del dolore è la valutazione critica dell’impulso algogeno, riguarda la corteccia cerebrale e la formazione reticolare e permette il riconoscimento e la valutazione. Il risentito conferisce senso al sentito, discrimina l’intensità, la qualità e il punto di provenienza dello stimolo nocivo, ma sopratutto determina l’ aspettativa e la risposta reattiva all’informazione ricevuta. L’esperienza del dolore è quindi determinata dal risentito e dunque da una dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali.
Il senso biologico del dolore è garantire la sopravvivenza dell’individuo e per suo tramite della vita che ha ricevuto. Il limite di questo sistema intelligente è che il dolore ci preserva da pericoli conosciuti nella linea genealogica e dunque in memoria e non da pericoli sconosciuti e pertanto assenti dalla memoria. Per esempio la maggior parte dei nostri antenati sono morti per fame o vittima di un predatore. Pertanto l’assenza di cibo o il morso di una animale sono risentiti con dolore, perchè il sistema nervoso è in grado di attingere a memorie di danno biologico o decesso in relazione al confronto con predatore e fame. Al contrario l’esposizione a campi elettromagnetici, tossici ambientali o a radiazioni non causa dolore, perchè nessuno dei nostri antenati e nessuna altra forme di vita si è mai confrontata con queste problematiche. Radiazioni, campi elettromagnetici e tossici ambientali possono uccidere, ma non sono facilmente risentiti come potenzialmente letali. Da questa modalità di funzionamento del sistema nervoso centrale consegue che un soggetto che soffre un dolore generalmente lo ha già sofferto in precedenza o che di questo dolore hanno sofferto i suoi antenati. Da queste osservazioni sul dolore consegua anche una relazione opposta. Il dolore maggiormente patito da un soggetto è quello del quale ha avuto esperienza direttamente o tale hanno avuto i suoi antenati. Il dolore è sempre una ripetizione di un conflitto biologico non precedentemente risolto. Inoltre il dolore non ha soltanto il senso di preservare la vita dalla sua prematura estinzione, ma informa il soggetto che prova dolore riguardo le sue origini, i suoi conflitti sospesi e sul obiettivo di vita da compiere.
Per la medicina biologica la gestione cosciente dei conflitti e la pacificazione emozionale sono un percorso di terapia preferibile e soprattutto migliorativo del quadro generale. La malattia è infatti una lesione di cui la sofferenza non coincide mai, ma solo si esprime a livello di tessuto sulla quale si proietta. Per la medicina biologica la ricerca del senso nelle lesioni applicate non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre la “fisicità” della malattia anche la finalità sensata delle lesioni nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie. L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto biologico sottostante per il singolo paziente. Alcune lesioni possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma
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