Vulvodinia e medicina biologica
La medicina biologica nella vulvodinia integra le terapie previste, favorendo la comprensione del senso che la malattia esprime. La consapevolezza del senso biologico insito nella malattia è premessa per la conflittolisi e contribuisce al decorso della malattia. La vulvodinia è una condizione di sofferenza, che si esprime con un dolore vulvare tale da interferire con la qualità della vita. La vulvodinia è una malattia sine materia, ovvero non è presente alcuna lesione tissulare riconoscibile, a parte l’arrossamento del vestibolo. La medicina convenzionale non riconosce ancora le cause somatiche della vulvodinia. Anche se in alcuni casi può essere almeno collegata ad un trauma. La vulvodinia è diagnosticata per esclusione di malattie vulvovaginali che possano implicare dolore. Le esclusioni più frequenti sono la infezioni quali la candidosi e la vaginite batterica con dolore vulvare. Nella vulvodinia il dolore può essere generalizzato o localizzato nella regione vulvare. Quando il dolore è localizzato nella regione vestibolare la malattia prende il nome di vestibolodinia o vestibulite vulvare. Il dolore della vulvodinia può interessare il clitoride e questa condizione è chiamata clitorodinia. La vulvodinia può essere scatenata dal contatto o essere spontanea. Le pazienti con vulvodinia visitano molti dottori prima che venga fatta una corretta diagnosi. Non tutti i medici hanno familiarità con la vulvodinia e spesso la malattia viene confusa con una condizione esclusivamente psichica. Spesso la vulvodinia inizia con l’ ingresso nella sessualità ingenerando confusioni deprecabili tra vulvodinia e senso di colpa. Pur non essendo ancora stabilito un nesso causale organico per la vulvodinia si discutono come eventuali fattori o concause le seguenti condizioni:
- uso di contraccettivi orali
- allergia
- sensibilità chimica multipla
- fibromialgia
- autoimmunità
- tensione dei muscoli dell’area vulvare
- chirurgia, mutilazione o trauma genitale
- neuropatia
- iperacidità della secrezione vaginale
La medicina convenzionale non conoscendo le cause della vulvodinia non esprime un protocollo di trattamento al quale la classe medica si possa riferire. I trattamenti proposti sono empirici e implicano farmaci a livello topico e sistemico. I farmaci per la vulvodinia più frequentemente proposti sono anestetici e antidepressivi. Alcuni medici propongono interventi chirurgici con la finalità di recidere l’innervazione connessa al dolore. Proposte di terapia basate sulla dieta, la postura, l’ agopuntura o il biofeedback realizzano una proporzione più corretta tra intensità dello strumento di terapia e la sensibilità di coloro che ricevono terapia. La valutazione della sessualità espressa e sopratutto risentita è certamente utile almeno alla comprensione di tutte le variabili implicate. La medicina biologica può aiutare anche per questo ultimo aspetto.
La vulvodinia per la medicina biologica è una malattia in fase di infiammazione dell’orbita funzionale fegato espressa in campo emozionale collera. Generalmente il campo emozionale del paziente con vulvodinia bascula tra ipocollera e ipercollera con una prevalenza in ipocollera. Le concause e fattori aggravanti la vulvodinia sopracitati sono tutte allocate nell’orbita funzionale fegato. L’orbita funzionale fegato è depositaria di tutta una serie di funzioni che implicano la fuoriuscita dal nido in senso metaforico, al fine di espletare numerose possibilità biologiche, tra le quali anche i processi di procreazione e ricreazione. Mentre la produzione dei gameti in medicina biologica è attribuita all’orbita funzionale rene, il loro lungo viaggio nel mondo appartiene all’orbita funzionale fegato. I tessuti vulvari implicati nel viaggio dei gameti al fine della procreazione appartengono all’orbita funzionale fegato. Altrettanto possono essere intesi i tessuti tra i quali i vulvari, quando impegnati nella ricreazione. I tessuti della ricreazione sono quelli che intermediano nel piacere del contatto sessuale, la finalità di una crescita interiore. La vulvodinia è una risposta biologica sensata ad un conflitto biologico inerente la ricreazione. La vulvodinia non impedisce la procreazione che può avvenire comunque anche se con dolore, ma compromette la possibilità di conoscenza di Sè, per il tramite del piacere espresso anche dal contatto dei genitali.
Per la medicina biologica ogni malattia esprime un senso come una risposta adattativa ad una precisa situazione conflittuale. La vulvodinia è la risposta automatica di aree antiche e sottocorticali del cervello ad un conflitto biologico per il quale dolore vulvare ha in passato rappresentato soluzione conflittuale e come tale resta memorizzata. Quando la paziente esprime vulvodinia ha contattato nella sua vita quel genere di conflitto lasciandolo sospeso e consentendo in tal modo la gestione automatica dello stesso. Il conflitto per il quale la vulvodinia costituisce una soluzione automatica e antica è il conflitto tra procreazione e ricreazione. Per il clan dei nostri antenati, il femminile esprimeva la funzione procreativa e esclusivamente per tale era valorizzato nella sessualità. La ricreazione è stata a lungo negata perchè connessa a comportamenti non direttamente utili al clan, ma principalmente utili al singolo. Spesso il clan considerava i comportamenti sessuali femminili della ricreazione contrari ai propri interessi e\o alla sopravvivenza. Conflitti tra procreazione e ricreazione nel clan si sono purtroppo espressi molto spesso con violenza a danno del femminile. Del passato ogni persona porta memorie nelle aree cerebrali deputate al controllo dei tessuti e delle funzioni coerenti. La violenza del clan contro la ricreazione, sopratutto quando femminile, si osserva purtroppo ancora oggi in aree culturalmente arretrate. La paziente con vulvodinia ha sperimentato consciamente o incosciamente un conflitto tra procreazione e ricreazione, lasciandolo irrisolto e sospeso. Questa condizione si realizza anche in aree culturalmente evolute che non consentirebbero violenza, quando il conflitto è immaginativo oppure risentito tale. I conflitti sospesi non restano biologicamente a lungo tali, perchè incompatibili con la continuità della vita stessa. In caso di conflitto sospeso le aree più antiche del sistema nervoso centrale, quelle che controllano funzioni e tessuti esprimono la malattia come risposta automatica sottocorticale e dunque non modulata dalla coscienza. La vulvodinia impedisce la ricreazione e protegge automaticamente dalle violente conseguenze immaginate, risentite o reali, che il femminile in relazione a ricreazione ha talvolta dovuto subire, lasciando nelle memorie ancestrali una indelebile informazione.
La gestione cosciente dei conflitti biologici e la pacificazione emozionale sono un percorso di terapia preferibile e soprattutto migliorativo del quadro generale. La vulvodinia è infatti una lesione di cui la sofferenza non coincide mai, ma solo si esprime a livello di tessuto sulla quale si proietta. Per la medicina biologica la ricerca del senso nelle lesioni applicate non disconosce per nulla i meccanismi somatici per i quali tale malattia si realizza nel corpo del paziente. Al contrario la medicina biologica cerca oltre la “meccanica” della malattia anche la finalità sensata delle lesioni nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcune lesioni possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma