La malattia secondo la medicina biologica
In medicina biologica le fasi della malattia sono coerenti con la definizione di malattia come risposta adattativa eroica del singolo individuo al suo conflitto biologico risentito come urgente e inderogabile. A un livello sopra individuale la malattia invece corrisponde a quei processi evolutivi che implicano per il tramite delle soluzioni conflittuali raggiunte, lo sviluppo di nuove capacità, nuovi tessuti e nuove specie. Le fasi della malattia si estrinsecano a livello corporale in una patologia tissulare coinvolgente precise caratteristiche reattive. In medicina biologica le sei fasi della malattia sulla tavola delle risposte biologiche, originariamente denominata tavola delle omotossicosi, sono state descritte per primo dall’omeopata tedesco Hans Heinrich Reckeweg. La tavola evidenzia sei fasi della malattia quali possibili reazioni patologiche per il cui tramite un tessuto esprime tutto il suo potenziale di malattia. La classificazione delle reattività tissulari espresse dalla medicina biologica possiede un significato universale, che tracima oltre le applicazioni della tavola in omeopatia e omotossicologia, diventando strumento di ogni medico indipendentemente dalla sua formazione.
Un tessuto sottoposto a conflitto biologico, può nella ricerca di una soluzione conflittuale alterare la sua funzione e morfologia in sei fasi della malattia diverse ovvero modalità di distinta dignità patologica. Quest’alterazione è da intendersi come un evento dinamico, una risposta al conflitto biologico e dunque sottoposto a modifiche continue. Il tessuto implicato nel conflitto esprime malattia solo in circostanze eroiche, evidenziando una patologia protesa alla soluzione del conflitto in atto. La risposta del tessuto è gestita dalle aree più antiche del sistema nervoso centrale, esonerando le aree corticali dalla consapevolezza sulle scelte operate. La malattia per la medicina biologica è una soluzione a un conflitto sospeso dalla coscienza, ma risentito come inderogabile per la sopravvivenza. La malattia è dunque una soluzione prima a livello individuale, ma se ripetuta coinvolge il clan e infine della specie, divenendo uno dei motori dell’evoluzione tissulare. Le fasi della reattività esprimibile dai tessuti sono una successione precisa di alterazioni di gravità clinica crescente. La vita tende inesorabilmente a conservarsi e, dunque la scelta di risposte tissulari che implicano malattia mortale è comunque da comprendere come tentativo estremo di conservazione della vita individuale ovvero garantire la sopravvivenza per un certo arco temporale anche se breve.
Per la medicina biologica la ricerca del senso nei comportamenti e nella malattia e la responsabilità del malato nei confronti di se stesso sono fondamentali per ogni terapia. La medicina biologica cerca oltre la corporeità della malattia anche la finalità sensata della malattia nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, del risentito, delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcuni comportamenti possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione del risentito personale connesso secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma